martedì 31 maggio 2011

wind of Change!

              Quando il vento cambia, Mary Poppins vola via.. 
                    ..però arrivano DeMagistris e Pisapia!!!

Ci vorrà solo il suo tempo, ora, ma il cambiamento è stato innescato: che sollievo!
                                         Prosit!

domenica 29 maggio 2011

l'eleganza del riccio

L'altro giorno mi son fatta 20 km in bici a tutta velocità, così tanto per dirmi che almeno le mie gambe funzionano come si deve, in un periodo in cui ad assentarsi spesso è il cervello. Quel megalomane.
Beh, comunque, sfreccio a manetta su una strada stretta di campagna e sento una risata: è identica a quella di mia cugina.
Di riflesso rallento, mi giro: vedo delle ragazzine giocare e scherzare insieme e mi sfugge un sorriso e mi si accavallano i ricordi.

Sì, è vero, quella risata è identica a quella di mia cugina. Ma la mia cugina di un tempo. La bambina dispettosa che conoscevo: tremenda e poco sensibile ai miei pensieri seppure avessi cinque anni di meno. Così diverse da sempre. La stessa che giocava con me volentieri, che mi aveva insegnato a cantare "La gatta" di Gino Paoli, mentre imparavo che le unghiette dei micini sono dolci come il loro miagolio; quella con la carnagione scura e le tette grosse che mi son sempre domandata come facciamo ad esser parenti, quella che dalla nonna era sempre in ciabatte e che ammiravo follemente quando ero alle medie, per come affrontava il mondo a muso duro e in modo spudorato. La matta che, quando ha iniziato a fare l'infermiera, voleva fare le prove sul mio braccio, perché avevo le vene perfette per un prelievo (ma soprattutto odiava ed odia siringhe e medicine - vai a capire perché questo senso sadico del fare agli altri qualcosa che odia su di lei).
Quella che rideva di gusto, una risata contagiosa, bella, che credevo d'aver dimenticato.
Dimenticato perché non la sento più ridere. È rimasto del formalismo, ci si saluta e ci si fa gli auguri alle feste comandate. Le battute di sempre vengono scambiate: "Oh, hai cambiato i capelli.. ma sempre magra, sei tu.. ma non porti più gli occhiali.. ma qui, ma lì" ma alla fine di nulla si vuole parlare. Io rispondo, certo, ma se posso evito di imbrigliarmi in discorsi che sento poco spontanei. I regali stessi finiscono per infastidirmi quando ora mi sento dire "Guarda che ho speso niente per questo, anche perché non ci sono mai i soldi". Che importano i tuoi regali se nemmeno stiamo davvero parlando? Tienili pure i tuoi preziosi soldi. Perché farmi sentire anche debitrice nei tuoi confronti, mi chiedo? Poi ragiono e sorvolo. Non importa.

Forse tutto è partito dai soldi, da discussioni che solo tra parenti diventano così grigie e inesorabili, problemi che coinvolgono anche senza essere i diretti interessati. Forse i soldi sono sempre e solo un pretesto per altre povertà malcelate. Contrasti, a cui nemmeno so dare un nome, hanno svestito una situazione che apparentemente pareva di confidenza e sincero scambio, ma che nel tempo si è dimostrata altro, sfaldandosi da sola.
In fondo ci ho creduto o c'è stato questo darsi qualcosa in passato, ma poi quelle risposte scattose che ricordo nell'infanzia, quella rabbia che a volte sentivo su di me e non capivo, quei silenzi a cui davo poco peso, quelle battute secche ed invidiose che combattevo con l'ironia, si son solidificate nell'età adulta e si è creato un divario, quando non avevo più voglia di fingere che andasse bene così, quando era anche lei stufa di quella commedia. Mi dicono di andare oltre, di provare sempre a recuperare i rapporti ed è un atteggiamento che ormai mi viene spontaneo. Eppure io evito con tutta me stessa la formalità, in un modo che mia mamma definisce drastico. Non ho mai amato scoprire qualcosa per poi ricoprirlo, se qualcosa cambia, cambia: non c'è da disperarsi, ma nemmeno da  ignorarlo.

Non è neanche questo il problema. Mentre continuavo a pedalare decisa, ho ricordato cosa ha allontanato le nostre famiglie, mi son fatta delle domande su come una bambina riccioluta e solare, immersa però in una storia pesante, sia diventata così insensibile e rabbiosa più tardi. E infine fredda e quasi spietata, nel senso di assenza di empatia. Così chiusa al mondo.
Penso a come probabilmente fin da piccola si difendeva dalla vita, dagli eventi, rivedo il suo viso freddo come un sasso quando voleva ferirmi, intoccabile, per poi crollare in crisi di pianto improvvise, che la squassavano come un temporale in agosto. Ricordo i miei tentativi di capire, di intaccare quel gioco di rabbia, sofferenza e difesa. Per sollevare il velo di menzogna che si stava adagiando su tutto per protezione, forse, o solo perché aveva trovato spazio.
Nonostante questo, poco ho potuto. Forse perché ero una bambina, forse perché dipendeva molto anche da lei e dai miei zii. Mi manca quella risata, quel rapporto che forse si sarebbe costruito. Forse.


Forse è solo che al lavoro un bambino ha lanciato una scarpa nel cortile della casa vicina e che sua mamma si è arrampicata per riprenderla. Forse è che aveva paura ed era stanca ed incazzata. Forse le era andata male la giornata. Forse è che credeva di rompersi un piede saltando giù dal cancello, mentre il bambino lo teneva fermo, terrorizzato all'idea che si facesse del male.
Fatto sta che, saltata giù, ha esclamato: "Fanculo, a tutti e tre!", rivolta al figlio, alla bambina di 7 anni e al nipote.
Forse è che mi son sentita mancare il cuore allo sguardo della bambina, che proprio nulla aveva fatto, ma che ha incassato il colpo col cipiglio di chi ci è abituato da tempo.
Mi è mancato il cuore a vedere il bambino abbracciarla, visibilmente scosso.
Mi è mancato il cuore a vedere il nipote indifferente, quasi estraneo a tutto.
Tre bambini, tre reazioni diverse. Non si vede mai subito quando si rompe qualcosa dentro e in quanti pezzetti va in frantumi e cosa toccano, cosa intaccano nel cuore, nei gesti, nei sogni.
Così la battuta l'ho fatta: "Ehi M., ma non avevano mica fatto nulla, poi S. era qui tranquilla!"
E S. immediatamente le si è attaccata ad un braccio, cercando una carezza e ha detto: "Sì, mamma, non ho mica fatto nulla, io!" E sono andati via, tutti e quattro insieme, come macchie di colore che chissà come si mescoleranno, ancora.

Forse è che vorrei non pensare che mia cugina, in un contesto diverso, con l'aiuto adeguato, potrebbe essermi antipatica per motivi sani di incompatibilità e basta. Forse è che non vorrei sentire nel profondo la strana sensazione che sia ancora lì, a difendersi da qualcosa.

sabato 21 maggio 2011

Almeno credo..

In questo momento non ci credo alle favole.

Non credo che Hänsel e Gretel si libereranno dalla strega, nemmeno se i bambini di oggi sono furbi e svegli. Credo nei loro occhi, nel modo in cui una piccoletta di 7 anni mi si è aggrappata addosso, singhiozzando, quando la mamma è venuta a prendere il fratello lasciandola lì, ad aspettare la nonna. Credo nello sguardo perso della mamma che si è allontanata capendo di averla ferita e, non sapendo cosa fare, le ha chiesto un bacio.
Non credo che il cacciatore ucciderà il lupo appena in tempo per salvare Cappuccetto Rosso: credo che il lupo avesse fame e fosse un po' stanco di ritrovarsi nel suo bosco senza più un animale da cacciare. Credo che l'uomo dovrebbe piantarla di cercare sempre qualcuno da uccidere, qualcuno da punire.
Cenerentola verrà amata dal Principe per quello che è e non per quello che le hanno fatto credere tutta la vita? Non penso. Credo che denigrare la dignità altrui senza motivo, continuare a creare classi sociali più o meno ufficializzate, sia una delle cose più stupide che l'uomo possa fare. Credo che ci voglia un sacco di tempo per rimediare a certe ferite, ma soprattutto a quelle inferte con cattiveria. Credo che per farlo serva una società attenta e non solo qualche singolo eroe.
Non credo che il bacio di un altro Principe sveglierà Biancaneve, né la Bella Addormentata. Credo che si fossero svegliate già da tempo e che, alla fine, abbiano preferito aspettare, mentre altre, i cui nomi non conosciamo, hanno preso la loro strada, sporcandosi di vita i vestiti e i pensieri.
Non credo che il terzo porcellino costruirà una casa inespugnabile, credo che non ci sia nulla di inespugnabile e che in fondo difendersi solamente spesso non basta. Le cose cadono per essere ricostruite. Magari con l'aiuto di un lupo preventivamente ben nutrito.
Non credo proprio che Barbablù venga fermato dai fratelli della moglie. Credo che uno psicopatico del genere, pure senza barba blu e maschilismo poco represso, lo si riconosca lontano un miglio e non sia necessario che uccida a destra e a manca per intervenire. Sempre che lo scopo non sia riempire le trasmissioni tv con certi dibattiti. 
Non credo che il brutto anatroccolo si accorgerà mai di essere un cigno, se qualcuno non lo amerà prima nero ed arruffato com'è. Non credo che da cigno sarà migliore di prima, non se avrà dimenticato di ascoltarsi piangere.
Quell'asino di Pinocchio spero non diventi quello che non è. Credo che mentire tutta la vita non porti a nulla e che prima o poi ci sbatti il naso, ma che quello che sei è giusto esserlo. Credo che in fondo non debba sentirsi in colpa per la sua curiosità verso il mondo, perché è autentica. Mentre Mangiafuoco potrebbe pure andarsi a bere qualcosa in osteria, invece di sfruttare l'innocenza altrui. Che magari è solamente un vecchio solo. Come quel bambinone di Uncino.
Non ci credo più a Peterpan che vola coi pensieri felici per evitare di crescere. Credo fortemente che crescere sia un pensiero felice e non una grotta scura in cui rinchiudersi, lasciando rattrappire le ali. Credo che il tempo serva sempre a qualcosa, anche quando corre e ci spaventa. Anche quando tutto cambia e frana, obbligandoci a ricominciare da capo. Che poi ci lascia sempre degli indizi per lasciare un'impronta migliore.
Credo che gli orchi siano come le cipolle. Son certa che Shrek sia una fiaba favolosa che, buttando all'aria tutte le regole, mi fa ricredere che le storie in fondo mi appartengono, a modo mio.

Ma soprattutto credo nel sonno che sorprendeva mia nonna, poco dopo aver iniziato a raccontarmi una favola, che mi permetteva di sgattaiolare silenziosa fuori, al caldo, al chiasso delle cicale e al mondo che non ho mai smesso di voler scoprire, sempre più a fondo.

sabato 14 maggio 2011

Apri, che fa corrente!

Le cose nuove cambiano la vita.
Oh.. quando le cose cambiano può nascere una paura paralizzante, ci possono essere blocchi improvvisi, un passato ingombrante che fa capolino, il futuro pressante che chiede progetti, eccesso di entusiasmo ed istinto che fanno fare ruzzoloni, errori grossolani di chi si lancia senza pensare, rimorsi per ciò che non si è fatto per aver troppo pensato, silenzio pesante che parla da sé, troppo rumore. Ma le cose nuove muovono gli ingranaggi, quelli più arrugginiti. Anche se rotti.
La novità aggiusta, la novità fa ridere, la novità spiazza, ti aggroviglia lo stomaco quando intendi controllare tutto, dà ordine quando credi che ogni cosa sia regolata dal caos. Dà un senso semplice e brillante.
Disarma. Spoglia. Spalanca. Stravolge.
La novità è presente, è diversa da quello che c'era. Cambia visione e non sa dire mai. Non domanda perché.
Sale sul tavolo e ti guarda cambiare, ti aspetta trascinandoti oltre.
Supera un muro senza scavalcarlo, attraversandolo come se fosse una gigante bolla di sapone.
Ricorda senza malinconia, costruisce senza fretta.
La novità rende nuova anche la segnaletica. La novità commuove per la sorpresa di ritrovarsi; non corre a ciambella, ma osa allontanarsi dalla tana, rischia di essere fregata e non lo è mai, perché ci crede e sente di poter correre più veloce.
La novità non è perfetta, né solo giusta, né solo bella, ma contiene un'essenza di verità e il coraggio di appallottolare una vecchia pagina di diario e di liberarsene, anche dal cuore.
Le cose nuove sono libere di essere loro stesse e di correre su strade mai battute, alzando polvere, accarezzando sogni.

La novità fa corrente.



"Se uno ha imparato a contare fino a sette
vuol mica dire che l'otto non possa esserci
"